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IL LIBRO

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Tratto dal libro:

Autodidatta. Vi è una sorta di pudore nel sottolinearlo, un voler specificare che la produzione di disegni a china e pitture di Umberto Rossi non si struttura tra le coordinate di corsi accademici ma nasce fresca e spontanea nella tecnica come nei contenuti, ispirata dall'attaccamento di un uomo alla propria terra, al proprio luogo di origine: Montecerboli e la campagna circostante, dove il contrasto tra il paesaggio caratterizzato dalle torri di refrigerazione e dai fumi dell'industria e quello senza tempo dei casali, delle antiche costruzioni, delle silenziose chiesette ombreggiate da cespugli e cipressi, sono i protagonisti di un'opera che costituisce una sorta di canto iconico dedicato al luogo natìo.

Umberto inizia, poco più che ventenne, a disegnare piante ed elementi naturali utilizzando principalmente la china, sollecitato all'espressione artistica da un parroco di campagna, don Candido Molesti, che aveva in cura la chiesa di San Ippolito, nei pressi di Montecerboli. L'amicizia col prete e il suo incoraggiamento segnano l'inizio di un percorso che Umberto porta avanti negli anni, affinando le proprie capacità e sperimentando nuove tecniche. Nei primi anni cinquanta l'insegnante della Scuola d'Arte di Volterra Bruno Lessi rimane colpito dai lavori e dal talento del giovane, tanto da spingerlo a migliorarsi introducendolo alle affascinanti tecniche dell'acquarello e dei colori ad olio.

 

A Montecerboli, in Borgo, nella parte antica del piccolo centro, Umberto, per coltivare questa sua passione, allestisce un laboratorio dove per un certo periodo, insieme ai suoi lavori, tiene un telo in cattive condizioni raffigurante una Madonna proveniente dalla chiesa di castello. Fu il parroco don Tasselli a consegnarglielo durante i lavori di ristrutturazione dell'edificio religioso. La presenza del telo nella sua stanza è vista da Umberto come una vera e propria presenza, una benedizione e comunque rappresenta, al di là del significato cristiano, un legame col passato dell'intera comunità locale.

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Passano gli anni ei lavori diventano sempre più numerosi. Se le tecniche privilegiate sono il disegno a china, l'acquarello , i colori ad olio ed infine la vernice, con i suoi riflessi di luce, il pittore fa uso di supporti diversi, cosi dipinge su vari tipi di carta, cartone ma anche su legno, compensati, su pareti, su ferro ed anche sulla carrozzeria delle sue 500, una delle quali, completamente dipinta, che raffigura il paese circondato dal verde della campagna sovrastato da un cielo limpido e pulito, si trova nella piazza del Borgo

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Il tempo si ferma nelle chine di Umberto, nelle luci e nelle ombre sulle cortecce degli alberi e sulle mura faccia a vista delle case di campagna, con le loro strutture semplici e solide. Un tempo che non è scandito in anni bensì in giorni, ore, come a dire che ogni momento è un prezioso irripetibile attimo di vita, così anche le frasi scritte sotto al disegno o in un angolo del foglio, seminascoste dagli elementi pittorici diventano opera e si fondono nell'immagine, conferendole, anche quando sembrano non collegarvisi direttamente, una ancora più evidente umanità.

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Un piccolo album conserva una serie di acquarelli ritraenti Montecerboli. La raccolta in color seppia costituisce una preziosa documentazione storico-visiva del castello e delle stradine ad esso adiacenti. Le immagini, prive di suggestioni visionarie, sono realistiche rappresentazioni di luoghi in cui la presenza umana sembra non essere necessaria. Sono le mura, le finestre, le porte che qui parlano di una vita semplice, dal ritmo lento Tutto è avvolto da una luce quasi dorata che il monocromo soffonde e riempie di malinconica poesia. C'è come il desiderio di fermare il tempo, per un attimo, di trattenere, di conservare, ricreando pittoricamente, senza però cadere nella freddezza del dettagliato realismo fotografico, i luoghi familiari della vita. Nel piccolo blocco che raccoglie gli acquarelli, Umberto ha inserito brevi testi, sul retro pagina, in cui si ricordano fatti storici legati al Paese, tradizioni e feste. I caratteri, il colore dell'inchiostro ei capolettera decorati alla maniera medievale, ben si armonizzano con le immagini e formano un unicum, un'opera che nasce dall'incontro della testimonianza scritta e visiva.

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I lavori ad olio e a tempera, più vari relativamente al formato, presentano

una serie di paesaggi e scorci paesani. Ricorrente il motivo dell'albero

che, come l'uomo, ha radici che lo legano alla terra in cui nasce e cresce

e che qui sembra diventare testimone muto del continuo e regolare

avvicendarsi delle stagioni, dell'inarrestabile scorrere del tempo.

Elemento di un'architettura naturale che è simbolo di vita, attaccamento

alla terra, slancio verso il cielo, l'albero diventa soggetto e protagonista

di alcune opere del pittore.

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La pennellata istintiva si scioglie in macchie di colore materiche e nette che diventano immagine, un'immagine il cui profilo è definito dall'uso di colori o tonalità di colori diversi. Non vi sono linee decise a contornare i soggetti, alla maniera dei Macchiaioli la cui tecnica pittorica, che caratterizzò la pittura italiana ed in particolare quella toscana della seconda metà dell' ottocento, è ancora oggi molto seguita e spesso base per nuove sperimentazioni. Nei paesaggi Rossi esalta la luce, che, con i suoi giochi, fa sì che si squaderni una varietà cromatica molto ricca.

La produzione a vernice, offre all'artista la possibilità di sfruttare la forza stessa dei colori, vivaci e lucenti, per raccontare la bellezza della natura, ma questa volta non di quella di paesaggio, che rapisce l'uomo nella contemplazione di viste più o meno ampie, bensì della natura semplice degli steli delle corolle, delle erbe. È in questa fase che i colori raggiungono la loro massima intensità "esplodendo" in pirotecnici ciuffi di fiori di campo ed i ricorrenti papaveri.

Dottoressa Lisa Gucci

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